LAGO DEL CADORE: svasi – danni
Aggiornato il 7 febbraio 2021
Corriere Alpi 24-04-2018
I sindaci a Enel: «No allo scavo del fango»
In materia di ristoro il territorio chiede all’azienda la pista ciclabile intorno all’invaso: «Il progetto c’è, costa 10 milioni di euro».
I sindaci non voglio infangare il Cadore. Risponderanno pertanto di no all’Enel, che ha chiesto di poter scavare almeno 200 mila metri cubi l’anno, di limo e melma. E questo fino al 2029, quando scadrà la concessione del bacino del Centro Cadore. Troppi i rischi, soprattutto di natura ambientale; ma anche di sicurezza.
«I sindaci, pertanto, si limitano a concedere ciò che l’Enel già si prende: il rilascio, attraverso le piene, dai 20 ai 30 mila metri cubi di materiale limaccioso», fa sapere l’onorevole Luca De Carlo, sindaco di Calalzo e presidente dell’Unione Montana, «che si diluisca nell’acqua, in misura tale da non compromettere la fauna ittica». Questa ed altre proposte saranno portate all’esame dell’Enel il 27 aprile, in un incontro programmato in Provincia, a Palazzo Piloni.
L’Enel, come si sa, ha l’esigenza di smaltire 2 milioni e mezzo di metri cubi, da oggi al 2029, ossia fra i 250 ed i 300 mila metri cubi l’anno, 200 di fango e un centinaio di ghiaia.
La Regione ha imposto all’Enel di passare per la condivisione dei Comuni. Ieri c’erano tutti i sindaci o loro rappresentanti: Perarolo, Calalzo, Domegge, Lozzo, Vigo, Lorenzago, e Auronzo. Mancava soltanto il commissario prefettizio di Pieve di Cadore.
«Come sindaci ci siamo dati un presupposto indiscutibile», riassume De Carlo, «ossia il rispetto assoluto del lago, dei suoi dintorni e dei paesi rivieraschi, come di tutto il sistema-Cadore». Il lago, insomma, è un patrimonio di tutto il Cadore e come tale va salvaguardato, semmai vieppiù valorizzato. «Proprio in questa prospettiva è improponibile», hanno dichiarato i sindaci, «trattare il fango: scavarlo, depositarlo perché si asciughi, portarlo chissà dove per purificarlo e poterlo impiegare».
Già oggi, e ormai da anni, l’Enel interviene con gli svasi per mantenere il livello del bacino in sicurezza. Nel corso di queste operazioni, vengono rilasciati tra i 20 mila ed i 50 mila metri cubi di limo. Gli esperti dicono che si tratta di una quantità compatibile con la tutela del Piave, a differenza di quanto accadrebbe con la diga di Valle. Poi c’è l’altro problema, quello della ghiaia, degli inerti che si accumulano alla confluenza dei torrenti con il bacino, quindi nella parte superiore. «I sindaci chiederanno all’Enel», fa sapere De Carlo, «che vengano sghiaiati i corsi d’acqua, nel loro tratto conclusivo. Si tratta di materiale ottimo per le costruzioni e l’edilizia. Vincoleremo, però, quest’opera di bonifica ai mesi invernali, quando i cantieri non recheranno disagio all’attività turistica. Imporremo all’Enel di realizzare proprie strade di accesso, in modo da non mettere in difficoltà la mobilità locale».
Non meno importante il tema del ristoro, ossia delle compensazioni. «Non vorremmo», mette le mani avanti il presidente dell’Um Centro Cadore, «che l’Enel ritenesse di “pagare” il disagio che comunque reca alle comunità, indennizzando i pescatori sportivi per i danni che subiscono a seguito degli sversamenti. All’Enel, che conosciamo ed apprezziamo comunque per la sua sensibilità ambientale, proporremo di farsi carico della costruzione di una pista ciclopedonale lungo il lago, perché diventerebbe un’attrazione turistica di primaria importanza».
Il progetto c’è già. Si sa anche che costa una decina di milioni. Il 27 sarà rilanciato. E in quella circostanza i sindaci solleciteranno nuovi controlli ai fanghi, per capire fino a che punto sono inquinati. La Regione, con l’assessore all’Ambiente Gianpaolo Bottacin, non sta alla finestra e si schiera con i sindaci, le cui posizioni, peraltro, sono pienamente condivise dalla Provincia di Belluno, con il presidente Roberto Padrin e il consigliere delegato Pierluigi Svaluto Ferro. Francesco Dal Mas
Gazzettino 24-4-2018
Cadore: un lago da svuotare e un’intera comunità però da tutelare:
Un lago da svuotare e un’intera comunità però da tutelare: ambiente e cittadini compresi. Il progetto dell’Enel proprietario dell’invaso di Centro Cadore prevede di prelevare o far fluitare a valle ben due miloni e mezzo di metri cubi tra fango e ghiaia. Una pulizia di primavera del lago che i sindaci della zona e la Provincia di Belluno vogliono però sia normata.
Dal faccia a faccia di ieri tra i sindaci del Centro Cadore che si è tenuta nella sede dell’Unione Montana è emersa una linea comune che verrà ribadita in tutte le sedi necessarie.
«Ci sono tre punti sui quali non transigiamo – ha spiegato il presidente dell’Unione montana l’onorevole Luca De Carlo – che ieri ha coordinato l’incontro dei primi cittadini. Prima cosa comprendiamo bene che la diga debba essere ripulita sia per questioni di sicurezza che economiche. La parola d’ordine deve però essere tutela dell’ambiente.
L’Enel non può certo pensare di far fluitare a valle migliaia di metri cubi tra fango e ghiaia facendo precipitare il tutto nel Piave. Sì all’apertura delle paratoie sversando al massimo 30mila metri cubi come avviene solitamente nei casi di piogge intense o eventi alluvionali particolari. Nulla di più se – continua De Carlo – si deve ripulire il lago di Centro Cadore lo si deve fare saggiamente, ascoltando gli enti locali. Secondo noi le aree da dragare sono quelle ad esempio alla foce degli affluenti dell’invaso: l’Anzela, il Talagona e l’area del Piave in comune di Lozzo di Cadore. Lavori non dovranno poi essere eseguiti da maggio a settembre mettendo in crisi il turismo. Ruspe e draghe al lavoro d’inverno o nella prima primavera evitando lo svuotamento eccessivo e mantenendo un livello sufficiente dell’acqua»
«Visto che l’Enel ha deciso di svuotare il lago per far sì che l’invaso contenga certo più acqua e questo per riuscire a produrre maggiore energia elettrica, a questo punto noi chiediamo ristori economici. Non direttamente soldi. Abbiamo una serie di progetti che presenteremo all’azienda elettrica. L’Enel non dovrà nemmeno fare lo sforzo e spendere soldi e metter sul campo progettisti. È tutto pronto».
All’incontro di ieri c’era anche il sindaco di Perarolo PieLuigi Svaluto Ferro in doppia veste, quella di sindaco ma anche di consigliere provinciale. «Io ero presente all’incontro interessato come primo cittadino di Perarolo visto che se svuotano la diga aprendo le paratoie il fango arriva tutto da noi ma anche come assessore provinciale visto che venerdì il summit sul lago, Enel presente, sarà a palazzo Piloni»
Alessandro Tibolla
Corriere Alpi 22-04-2018
Lago del Centro Cadore da svuotare: vertice dei sindaci sul progetto Enel
L’ente vorrebbe togliere 2.5 milioni di metri cubi di fanghi dal bacino. Molti problemi da risolvere
L’Enel ha 2 milioni e mezzo di metri cubi di fanghi e di inerti da estrarre dal lago del Centro Cadore, per “efficientarlo”. Si propone di farlo entro il 2029, quando scade la concessione e c’è la speranza, da parte della Regione Veneto e della Provincia di Belluno – come ammettono, rispettivamente, l’assessore Giampaolo Bottacin ed il presidente Roberto Padrin –, che i bacini idroelettrici passino al territorio, come il Governo ha concesso a Trento e Bolzano. Questo in virtù delle trattative sull’autonomia.
L’Enel, ovviamente, non la pensa allo stesso modo. Ma punta legittimamente a trarre il massimo profitto produttivo, nei prossimi 12 anni, sia dal Centro Cadore che dal bacino di Busche. La potenzialità ottimale è quella dei contenitori carichi d’acqua, anziché pieni di fango e di altri materiali. Ecco, dunque, la necessità di bonificare Pieve di Cadore, Calalzo e Domegge, da oggi al 2029, di 2 milioni e mezzo di melma (e dintorni).
«Ci hanno chiesto di poter prelevare tra i 250 ed i 300 mila metri cubi l’anno – fa sapere Pierluigi Svaluto Ferro – in particolare 200 mila metri cubi di fango e limo, che si sta accumulando a ridosso delle paratie. 100 mila, invece, sono i metri cubi di sassi e ghiaia che staziona verso la coda del bacino». Svaluto Ferro, primo cittadino di Perarolo, coordina i sindaci del Cadore e nella sua veste di consigliere delegato della Provincia tratterà con l’Enel.
Oggi i sindaci si riuniranno per decidere la piattaforma da presentare all’Enel nel vertice che si terrà a Palazzo Piloni il 27 aprile. Vertice che sarà decisivo per capire le modalità di svuotamento del bacino e le compensazioni che l’Enel sarà disposto a riconoscere ai Comuni. È stata la Regione a convincere l’Enel a condividere la tematica, più precisamente il piano di gestione con le comunità locali.
«Siamo di fronte ad una marea di problemi – ammette Svaluto Ferro –. Vorremmo intanto capire di che qualità sono i fanghi. Le indagini sulla loro tossicità sembrano non dare risultati allarmanti, ma vogliamo approfondire. Si tratta anche di capire dove e come verranno trattati i fanghi. Si dice che per essere palabili dovranno restare esposti sul posto, ma dove e come? ».
E poi il grave problema del trasporto. «Quanti camion occorreranno e ogni quanto attraverseranno i nostri paesi? Tutto questo l’Enel non ce l’ha ancora detto, speriamo che lo faccia il 27».
Per quanto riguarda gli inerti, l’Enel studia una dislocazione in cantieri del territorio, magari quelli dell’Anas sulle strade. Ma, si sa, anche l’Anas ha dei tunnel da scavare e dei materiali da asportare. Ultimo tema, ma non certamente meno importante, è quello delle compensazioni. «Non dovremmo trovarci con i canoni dell’estrazione a carico della Provincia o della Regione, quindi – conclude Svaluto Ferro – delle comunità locali».Francesco Dal Mas
Gazzettino 15-01-2018
Le acque del Piave invase da fango, irrisorio il risarcimento di Enel
Svaso del lago di Valle di Cadore: in arrivo, per il Bacino 8 di pesca, i primi risarcimenti. La proposta di Enel è stata approvata ieri mattina da un centinaio di soci in occasione dell’assemblea annuale del gruppo: con 5.500 euro la società si impegnerà a risarcire i danni causati alle casse del sodalizio. Una cifra irrisoria rispetto alle conseguenze subite dal territorio gestito dal Bacino, che comprende diversi comuni da Soverzene a Ponte nelle Alpi a Belluno fino a Limana, certo, ma il gruppo confida di poter ottenere un supporto anche per le migliaia di esemplari persi.
I lavori alla diga nella parte alta della provincia, avviati la scorsa estate e completati a settembre, per mesi avevano messo in subbuglio la vita lungo l’asta del Piave. Il fango riversato a valle dalla pulizia del bacino aveva intorpidito le acque di buona parte dei 24 chilometri di fiume gestiti dal Bacino 8, provocando danni economici su più fronti. «Per tre mesi ricorda il presidente Luigi Pizzico non siamo riusciti a rilasciare permessi perché chi vuole pescare in un fiume marrone? Ma a questo aspetto si aggiunge la moria di piccoli esemplari causata dal fango che li ha soffocati. Per valutare con un po’ di precisione l’entità della perdita ci siamo appoggiati ad un professionista che, per quantificare, si servirà delle stazioni di monitoraggio presenti a Paiane e a Praloran». I danni subiti dal Bacino 8 sono stati di certo inferiori rispetto a quelli lamentati dai colleghi del 6 e del 4, ciononostante le casse ne hanno risentito. Per non farsi più trovare impreparati davanti alle iniziative di Enel, i pescatori si stanno facendo aiutare da un ittiologo, che aiuterà a far fronte a questi spiacevoli incidenti e a far valere i propri diritti. Non solo il fango, anche il maltempo ha messo a dura prova la popolazione di pesci. Alessia Trentin
07-07-2017
Fanghi nel Piave, Enel sospende i lavori a Valle
Proteste dei pescasportivi che avevano bloccato l’attività in piena stagione.
Le ripercussioni si sentono su tutta l’asta del fiume fino a Trichiana
La parte alta del Piave invasa dal fango dal Cadore al Longaronese, Alpago e Valbelluna. Dopo il recente svuotamento del bacino di Valle si è infatti ripresentata la situazione dello scorso anno con acque limacciose che stanno danneggiando non poco la pesca e le condizioni dei corsi d’acqua.
Le associazioni dei pescatori chiedono maggiori chiarezze e coinvolgimento nelle scelte di Enel Green Power che decide le varie operazioni sui bacini artificiali. «Dieci giorni fa – spiega Giuseppe Giacobbi, presidente del bacino di pesca del centro Cadore – Enel ha svuotato il bacino a Valle per effettuare una prevista operazione di sostituzione di una paratoia di superficie. Qualche settimana fa c’era stata una riunione preventiva in Provincia dove ci hanno assicurato che la cosa avrebbe avuto scarso impatto. Purtroppo una serie di fattori, tra cui il maltempo, ha complicato il tutto con gravi conseguenze per noi. Da 10 giorni, quando sono iniziati i lavori, non vendiamo più un permesso di pesca e si rischia di compromettere la schiusa delle uova di pesci pregiati come temolo o trota marmorata. Enel ha sempre detto che queste manovre vengono fatte d’estate per ragioni di sicurezza ma ci chiediamo se non si possa scegliere un periodo diverso dalla stagione turistica, che per noi è fondamentale. Per fortuna la Provincia, con i tecnici e il consigliere delegato Pierluigi Svaluto Ferro, si è subito attivata e ora siamo giunti ad un accordo. Enel sospenderà i lavori fino a settembre, così da salvaguardare almeno l’estate. Dopo di che auspico che si torni ad un tavolo per ragionare insieme, senza accuse reciproche ma condividendo i progetti».
Le ripercussioni si sentono fino in Alpago, spiega Filippo Sitran, del bacino numero 7 e anche la Federazione provinciale dei pescatori: «Questi fanghi limacciosi sono arrivati da noi per via del torrente Cellina che li ha portati ai margini del lago di Santa Croce. È un bel problema perché, al contrario dei torrenti, è molto faticoso rimuoverli dal lago. A questo punto solleciteremo un incontro con la Provincia, anche come federazione dei bacini, per capire come muoverci. Va bene la sicurezza ma va migliorato il metodo».
Più caustici invece i pescatori del bacino 6 Longaronese Zoldo. «Siamo alle solite – afferma il vicepresidente Endi Mussoi – dopo lo scorso anno anche stavolta si ripresenta la stessa situazione con acque nere improponibili per la pesca. Come bacini non siamo stati avvisati e neanche la Provincia ci ha fatto sapere qualcosa con anticipo. C’è stata della negligenza da parte dell’amministrazione provinciale a cui noi pescatori paghiamo le concessioni. Sicuramente una società organizzata come Enel ha dei piani di gestione a lungo termine e quindi è impossibile che queste operazioni non si potessero sapere prima. Adesso ci riuniremo e agiremo di conseguenza, perché le acque sono sporche fino a Limana e faremo sentire la nostra voce perché ne abbiamo abbastanza». Enrico De Col
Bellunopress 09-2014
Svaso lago di Valle di Cadore: le precisazioni degli uffici regionali sulle competenze
A seguito di alcuni articoli pubblicati sulla stampa locale, in relazione alla gestione degli invasi idrici nel territorio bellunese, in particolare sullo svaso del lago di Valle di Cadore, gli uffici della Regione del Veneto intervengono per alcune precisazioni.
“Nell’autorizzazione di quest’attività di svasamento – recita la nota – la Regione non ha avuto alcun ruolo, né vi ha partecipato, in quanto la competenza su quello sbarramento è dell’Ufficio Dighe (ministeriale) di Venezia. Non è quindi competenza della Regione formulare alcuna valutazione sulle modalità di conduzione dell’attività.
Con la legge 584/1994 e l’attuazione della legge Bassanini del 1998 la Regione ha acquisito la competenza su alcuni invasi e quindi anche alla autorizzazione dei relativi progetti di gestione. Con deliberazioni n. n. 735 del 9.4.2002 e n. 138 del 31 gennaio 2006 la Giunta Regionale ha approvato le disposizioni che regolano il procedimento di propria competenza.
In sintesi, è previsto che a monte dell’autorizzazione sia svolta una conferenza di servizi a cui sono chiamati a partecipare anche i Comuni, la Provincia ed ARPAV. La conferenza di servizi è il luogo in cui si raccolgono e si fa sintesi di tutti i pareri, indicazioni e prescrizioni dei soggetti titolati per poi procedere con il provvedimento di autorizzazione o diniego della richiesta.
Per quanto riguarda il tema specifico – spiegano gli uffici – le modalità di autorizzazione dei progetti di gestione degli invasi si è col tempo andata affinando e migliorando; in ogni caso, l’Amministrazione regionale tiene in alta considerazione le valutazioni effettuate da Comuni e Provincia che normalmente partecipano alle attività della conferenza di servizi. Inoltre nella fase istruttoria sono solitamente coinvolti, tramite la Provincia, anche i Bacini di Pesca al fine di coordinare le attività ed evitare, o almeno contenere, i danni alla fauna ittica.
Ovviamente sono prescritte analisi dei sedimenti che andranno a mobilitarsi con le attività di fluitazione.
Corriere Alpi 16-11-012
Guerra con Treviso sul lago da pulire
Alluvione, dura reazione dei sindaci del Centro Cadore alla proposta che arriva dalla Marca. «Paroni a casa nostra»
«Non abbiamo bisogno di nuove casse di espansione, lungo il Piave. Le abbiamo già, in provincia di Belluno. Sono le dighe, basta svuotarle di limo, terra, ghiaia, degli altri detriti che le riempiono per il 50%, in taluni casi addirittura per il 70%». Allibiscono i sindaci del Cadore, Luca De Carlo di Calalzo, Antonia Ciotti di Pieve di Cadore, Lino Paolo Fedon di Domegge, quando da Treviso ricevono quest’affermazione di Mirco Lorenzon, assessore provinciale della Marca. Lui è leghista. Ma sulla stessa lunghezza d’onda si pone l’ex assessore regionale alle attività produttive, Vendemiano Sartor, del Pdl.
Entrambi abitano vicino al Piave, là dove il fiume è pensile. «Anziché fare un invaso, a Falzé, per trattenere 90 milioni di metri cubi d’acqua, perché non ridurne la capacità a 45 milioni, magari anche a meno, e non svuotare il lago di Centro Cadore? Lago che – spiega Sartor – ha una capacità potenziale di 95 milioni di metri cubi d’acqua, mentre oggi si ferma a 45 milioni perché contiene mezza montagna di terra, melma, ghiaia, altri detriti».
Insiste Sartor: «Ho la massima stima di Luca Zaia ma debbo dirgli che sbaglia quando per salvare le popolazioni rivierasche del medio Piave propone le casse di espansione a Ponte di Piave. Non si dimentichi che nel 1966 a Nervesa il Piave portava 5 mila metri cubi d’acqua al secondo e che a Ponte di Piave la capacità di contenimento era di 3mila e 300 metri cubi d’acqua al secondo.
Come dice l’ingegner D’Alpaos, ci può salvare solo lo sbarramento di Falzé, magari dimezzandone la portata. Il resto? Svuotiamo la diga sul Piave in Cadore, per metà occupata da terra e ghiaia, e riempiamola d’acqua».
Il giorno dopo l’emergenza maltempo di domenica scorsa, il governatore Zaia aveva detto infatti che intervenire sul Piave “è un’assoluta priorità” e che, anziché realizzare lo sbarramento in Comune di Sernaglia, progetto respinto dalle popolazioni, erano consigliabili le casse di espansione più giù, verso Ponte di Piave e dintorni. Apriti cielo: dal Medio Piave è esplosa la protesta. Che però interseca, oggi, quella dei sindaci del Cadore, dando luogo ad una guerra, per fortuna pacifica. Ma sempre guerra è.
«Ai leghisti trevigiani io dico che noi vogliamo essere ‘paroni in casa nostra’, quindi giù le mani dalle nostre dighe», s’infervora Antonia Ciotti, sindaco di Pieve di Cadore. «Vogliamo dirla tutta, davanti a tanta prepotenza? A noi basta un lago turistico, non c’interessa che produca energia per i trevisani, quindi può ulteriormente riempirsi di limo e ghiaia», insiste Ciotti. «A proposito: lo mandiamo da loro il nostro limo?», si chiede anche.
«La pulizia del lago potrebbe rilanciare la ferrovia – suggerisce ancora il trevigiano Sartor – per il trasporto della ghiaia nelle nostre cave, quelle da sistemare, o nei terrapieni delle nuove opere stradali».
«Le cave? Se le riempino d’acqua», sbotta Luca De Carlo, primo cittadino a Calalzo. «Sono davvero simpatici, questi trevigiani: vogliono ancora venire a comandare in casa nostra. Lo svuotamento è necessario, perché ogni anno entrano in lago circa 600 mila metri cubi di ghiaia, ma è un’operazione ciclopica, che richiede ingenti risorse e tempi lunghi; sarà più saggio, dunque che i trevigiani, anziché far conto sui nostri bacini, si costruiscano i propri. Noi abbiamo già dato, con un surplus d’acqua per irrigare le ghiaie, come ha detto l’ingegner D’Alpaos».
Per Lino Paolo Fedon, sindaco di Domegge: «Svuotare il lago richiede tempi lunghissimi, per evitare quello che sarebbe un disastro turistico se la diga diventasse un cratere a cielo aperto», avverte Lino Paolo Fedon, sindaco di Domegge. «Noi già patiamo le laminazioni ogni anno in settembre, quelle dell’Enel per preparare il bacino al riempimento autunnale, proprio per garantire la sicurezza ai trevigiani e veneziani. Altro non possiamo dare».
Quindi? «Quindi il Quartier del Piave accetti di fare qualche sacrificio, costruendosi la sua grande cassa di espansione. A tempo debito noi faremo quanto ci è necessario».
Corriere Alpi 29-06-2006
I metalli inquinano il lago di Centro Cadore
l lago del Centro Cadore è inquinato, le sue acque presentano tracce di metalli. Lo ha detto Fabio De Cet, funzionario e ricercatore dell’Arpav, illustrando le analisi eseguite dall’ente e intervenendo al convegno di sabato in Magnifica Comunità a Pieve. Dalle analisi effettuate, è emersa in particolare la presenza di una significativa concentrazione di zinco e piombo, derivanti non dall’impatto ambientale riconducibile all’industria dell’occhiale, bensì riconducibili all’attività estrattiva della vecchia miniera di San Pietro.
Sarebbe quindi da «escludere che il lago sia stato inquinato dall’attività produttiva delle fabbriche che lo costeggiano», ha concluso il relatore.
L’inquinamento è invece dovuto soprattutto ai materiali di scarico della miniera di Salafossa, che rimase operativa fino al 1986 e era autorizzata a scaricare nel Piave. «Perciò», ha spiegato De Cet, «i sedimenti e i detriti inquinanti sono entrati nell’invaso prima di quella data e di essi sarà indispensabile tenerne conto durante le operazioni di pulizia del fondo del lago. Qualsiasi strategia di intervento dovrà quindi tener conto di quest’aspetto legato agli effetti tossici dei metalli, cosi come dovrà dare priorità assoluta alla tutela della vita acquatica, che potrebbe esser compromessa, per esempio, da un’asportazione ‘radicale” dei sedimenti».
Per questo, alcuni relatori hanno chiesto di attuare interventi pianificati, con monitoraggi costanti. Le rilevazioni dell’Arpav hanno comunque portato a conoscenza dei cittadini il fatto che, se anche nel lago l’acqua entra sporca ed esce pulita, non sembra ci sia nessun pericolo per chi vive lungo le sue rive, perché il ruolo inquinante dovuto ai metalli, essendo questi più pesanti, si manifesta essenzialmente sul fondo dell’invaso. Il fatto poi che dall’ultimo scarico nel Piave della miniera di Salafossa siano passati vent’anni comporta che questi residui metallici si siano depositati sul fondo e siano stati coperti dai sedimenti posteriori, diminuendone la pericolosità.
«L’inquinamento del Lago del Centro Cadore esiste da molti anni», ricorda l’architetto Oscar Milanesi, ex presidente della Sezione Cadorina di Italia Nostra, «tanto che negli anni ’90 ci furono anche delle inchieste da parte del nucleo dei Nas dei Carabinieri, che utilizzando l’obiettore di coscienza della nostra Sezione, controllarono tutti gli scarichi che si affacciavano sullo specchio d’acqua, tappando quelli abusivi. Ricordo», aggiunge Milanesi, «che fu un’operazione difficile e lunga, ma portò dei risultati». Dell’inquinamento del Lago del Centro Cadore si occupano da anni anche le associazioni di pescatori sportivi, che spesso hanno lamentato la morte del «novellame», il pesce appena seminato.